Nombre: Daniela Sannipoli
Lugar de nacimiento: Formia, (LT), Italia

Residencia actual: Formia, (LT), Lazio, Italia
Miembro desde: 04/10/2012 
 

Poemas incluidos en esta página: 
 
- Bobo.
- Come piange Fabrizia.
- Fragole in autunno.
- Ho fame ancora.
- Perla.
- Riviera madre.
- Vado a fare la spesa.
- Mapa sin mí (A Federico García Lorca).
- Studio sui segni del sesso:
   Tre “erotiche”,
   omaggio a F.G.Lorca
   nel settantenario della sua scomparsa
- Al buio.
- Sorpresa.
- Tregua.



 


 
BOBO
 
Forse ti ricorderai di me:
quel cane
dallo sguardo un po’ spaurito
che ricevesti in dono
per il tuo compleanno.
Furono, le mie,
attese di carne
sotto il tavolo.
Mi bastavano
la tua caviglia allegra
e il gioco distratto
sulle orecchie.
Ti ho seguito
fino all’ultimo lampione,
dove termina la strada.
Il ritorno
era senza luci.
Lungo il tuo odore
ho camminato;
di te,
nella nostra casa,
solo l’essenza.
Ora
ho zampe
abituate al ghiaccio
e gli inverni
sono primavere rovesciate.
Vorrei sapere dove sei.
 
 
 
COME PIANGE FABRIZIA
 
Alla fine
la ragione fu
del cromosoma
e Fabrizia
nacque,
camminò,
giocò con gli altri
in modo
diversamente abile
come dicono
i dottori.
Diversamente
ogni mattina
entra in classe
e mia figlia la vede
sul confine
dei compagni
abbracciarli forte,
all’improvviso.
E, al richiamo,
tornare
nel suo mondo bianco
e piangere
senza arrossire.
 
 
 
FRAGOLE IN AUTUNNO
 
Ci sarai
quando raccoglierò
fragole in autunno
e col mio inquieto cesto
vorrò chiederti
se è proprio nostra
questa primavera?
Ora la tua assenza
fa sentire nostalgia del sole
in pieno agosto.
Ma se sfoglio i petali
del mio libro ingiallito
leggo nella storia
un’altra storia,
dove tu sei da tempo
ad attendermi alla porta
e sulle labbra
hai succhi profumati
di primavera e pioggia.
 
 
 
HO FAME ANCORA
 
Lo so che non t’importa
del mio anulare vuoto
e la stanza a est
ha chiodi arrugginiti
alla finestra.
Anche bambina, sai,
la mia casa non era diversa;
il mattino mi illuminava a strisce
e ingoiavo odore di pane
a colazione.
“Via Tasso”,
col rubinetto che scandiva i secondi
e la cucina senza Natale.
Sulla poltrona trovai mia nonna
e per un attimo
furono casa le sue braccia.
Grazia di mille candele d’oro,
santuario di tutte le colpe perdonate;
ora sì, abitavo anch’io.
Dal giorno che se n’è andata
ho un indirizzo nuovo
e la porta della domenica
si è chiusa.
Ho fame ancora;
di albicocche, di viole
e del pane di un sorriso.
 
 
 
PERLA
 
Dovrò abituarmi
al tuo scrigno chiuso
e al mare in tempesta.
Ma per me
con lo scorpione sul cuore
è difficile fare a meno
della tua perla.
Non conoscessi
il mistero dei tuoi abissi
potrei accontentarmi
del quotidiano scambio di telline
al mercato delle banalità.
Attanaglia
la gola e il tempo
questa collana
che batte sul petto
la pietra dura
del tuo silenzio.
 
 
 
RIVIERA MADRE
 
Bevo latte di spume
dai tuoi seni impetuosi,
mare
che nessuno
t’ha mai chiamato “madre”;
abbraccio divino
tra la terra e il cielo,
bacio di cristallo
carezza di sale.
Con la tua canzone
avvolta alle caviglie
aggiungo la mia impronta
al cammino di Ulisse.
E vedo Penelope,
speranza di marinai;
reti smagliate
da cui i sogni non fuggono.
Perché tu sei di tutti:
del bambino incantato,
del poeta insanguinato;
del pianista e dell’ubriaco,
delle conchiglie e dei cani.
Ma prima ancora
sei di chi attende
con mani gonfie
e senza parole
il tuo ultimo sforzo:
il cibo di oggi,
ostia del mare.
 
                                                                                                                  
 
VADO A FARE LA SPESA                                               
 
“ (…)
Quanto coraggio ha l’anima
se può sopportare
il rumore d’un passo che s’avvicina –
l’aprirsi d’una porta.”
E.Dickinson; 1882
 
Appunto i miei versi
sul block-notes della spesa:
pane
latte
uova
e un “Ti amo”
affianco a “candeggina”.
Tutto è confuso,
mescolato,
in questo ennesimo
affaccendatissimo
giorno di bucato.
Brillano bianche
le lenzuola di ieri,
ma le correggo
con l’ultimo rossetto
glitterato.
Così
è alla pesca
il morso sulla strada,
che ogni giorno
si adegua alla mia vita.
E più è presto
più affretto il passo,
tagliando rami e spine
con la testa.
Basterebbe attraversare
e non lo faccio.
“Sempre più bella, signora!”,
sorride il negoziante
mentre incarta
un’illusione.
E più è tardi
più rallento il passo,
calcolando pesi e vuoti
senza sporte.
Cerco per un po’
l’indugio sulla soglia:
tra chiave e serratura
ho ancora tempo.
“Vieni, è pronto!”.
La tavola è perfetta.
Non manca nulla:
c’è perfino
la torta con la panna.
 
 
 
MAPA SIN MI                                                           
Desnuda soledad sin gesto ni palabra
Federico García Lorca
 
Desnuda soledad sin gesto ni palabra
hilo de caracolas hasta mi infancia sola
desnuda soledad tu único vestido
mi locura y el silencio sabio de mi grito.
 
Mar de plata sin muelle y sin confines,
dedos sin mano y sin caricia
tristeza de una dirección sin casa
callejera pasión de vagabundo.
 
Desnuda soledad sin gesto ni palabra
a veces te escribo desde lejos
cartas de amor con tinta china
y lanzo mi botella a tu mirar cansino.
 
Me contestas con tu sonrisa amarga
a través del espejo de tu cuarto
y un corte deslumbrante separa mi canción
de la muñeca rota de tu infancia.
 
Desnuda soledad sin gesto ni palabra,
resignada como una moneda antigua
llorando gotas de oro;
sabes que nadie gasta y nadie ahorra.
                                                                                                         ./.
De la rosa de tus vientos  sacaría la espina,
para escuchar la boca roja de tus albas;
noches de alacranes me cierran las manos
y voy despacio sin timón al horizonte.
 
Desnuda soledad sin gesto ni palabra,
los libros sólo enseñan rutas ciertas,
fórmulas geométricas, definiciones
para nombrar con términos científicos a las cosas.
 
Pero en tu mapa oscuro
el Norte no se encuentra;
la aguja sigue sendas sin salidas
y yo sigo buscándome.
 
 
 
STUDIO SUI SEGNI DEL SESSO :
 
Tre “erotiche”,
omaggio a F.G.Lorca
nel settantenario della sua scomparsa
 
,,Me siento atravesado
por la grave Y griega
(bieldo de académicos,
toro del alfabeto)
y la O cual corona
de tinta en mis pies.,,
Federico García Lorca
 
 
AL BUIO                                       
 
Preferisco ricordarti così:
la rosa nera sotto le tue labbra
e niente più.
Il resto ha l’odore acre
dei giorni sbucciati al tavolino;
il sale
l’inchiostro
la scheggia
il muro,
il coltello infilato
a metà mela
sul dito insanguinato.
E non le mani a coppa
a raccogliere
la Y della schiena,
ma l’artiglio lungo e fiero
del leopardo.
 
 
 
TREGUA
 
Togli      
il violino dal mio letto:
voglio solo rintocchi di campane
sulla O del mio sesso;
accompagnare il tuo grido
fino all’ultima stella
e fra le braccia
il ciliegio impazzito
ubriaco di rugiada.
 
 
 
SORPRESA
 
Sulle rose dei miei seni
avrei scommesso
il bacio di domani.
Ma sorprende il giorno
il gioco concentrico
sul punto esclamativo,
l’umida sfida
sul fiore addormentato.
Offre nettare nuovo
la corolla
e nasconde la ferita
sotto le ali della coccinella.

                                     

 


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